di Gigliola Braga
Ogni volta che si assume del cibo, l’organismo risponde con una produzione di insulina necessaria a rifornire le cellule di nutrienti e a immagazzinare in grasso gli eccessi. Quest’ultima funzione è determinata soprattutto dalla quantità dei carboidrati ingeriti: se aumenta la circonferenza di addome e fianchi, significa se ne stanno assumendo troppi e, pertanto, occorre modificare la dieta per evitare l’accumulo di massa grassa nelle regioni del corpo maggiormente interessate dal deposito insulinico.
La capacità di immagazzinare l’eccesso di cibo in grasso è in gran parte una caratteristica genetica non uguale per tutti: il 75% della popolazione accumula più o meno facilmente, il restante 25% lo fa con maggiore difficoltà. In pratica, il primo gruppo è costituito da persone che tendono a ingrassare, il secondo da coloro che possono mangiare quanto vogliono e stentano comunque ad aumentare la loro massa grassa.
Questa caratteristica genetica era già presente nell’uomo preistorico che riusciva a sopravvivere alle carestie grazie alla capacità di immagazzinare scorte di grasso a cui attingere nei momenti di difficoltà. Ebbene, questo meccanismo che ha salvato l’uomo preistorico è tuttora presente nei ¾ della popolazione mondiale e accomuna la maggior parte delle persone per le quali il rischio di ingrassare è tanto maggiore quanto più cibo hanno a disposizione, come accade per esempio in Occidente.
La capacità di immagazzinare l’eccesso di cibo in grasso è in gran parte una caratteristica genetica non uguale per tutti: il 75% della popolazione accumula più o meno facilmente, il restante 25% lo fa con maggiore difficoltà. In pratica, il primo gruppo è costituito da persone che tendono a ingrassare, il secondo da coloro che possono mangiare quanto vogliono e stentano comunque ad aumentare la loro massa grassa.
Nonostante i nostri bambini siano i più grassi d’Europa, in genere le enormi energie richieste dallo sviluppo tipico dell’infanzia, dell’adolescenza e del periodo immediatamente successivo durante il quale l’organismo è estremamente impegnato nella crescita, proteggono in qualche modo dall’aumento della massa grassa in eccesso o, meglio, mascherano un tipo di alimentazione tendenzialmente rischiosa. Dai 30 anni in poi, invece, con tempistiche diverse e individuali, si tende a ingrassare: spesso si parla di metabolismo rallentato ma in realtà questo fenomeno è la conseguenza della risposta insulinica che aumenta con l’avanzare dell’età. Ecco perché, con il passare degli anni, è più facile accumulare grasso intorno ai fianchi o sulla pancia. La menopausa e, in una certa misura, anche l’andropausa registrano un ulteriore peggioramento del controllo insulinico e così la maggior parte delle persone ingrassa se non segue un’alimentazione appropriata per la propria età.
Gli effetti negativi degli eccessi insulinici non sono appannaggio solo di coloro che ingrassano, ma anche dei magri che, a causa di una caratteristica metabolica ereditaria, faticano sì ad immagazzinare grasso, ma stimolano comunque una produzione insulinica superiore al necessario, aumentando così l’infiammazione cellulare che rischia di predisporre nel tempo a malattie chiamate del benessere, come l’ipertensione, le cardiopatie, il diabete, ecc.
Se l’accumulo di massa grassa consente, sommariamente, di conoscere la propria risposta insulinica ai carboidrati, la situazione si complica per il 25% di persone magre che, faticando a immagazzinare massa grassa, produce radicali liberi che, in certi quantitativi, possono risultare dannosi perché predispongono a varie patologie e un invecchiamento più rapido.
La soluzione per prevenire o migliorare una situazione già compromessa accomuna tutte le persone, grasse e magre, che, seguendo un’alimentazione appropriata e ipocarboidratica, possono migliorare, coadiuvare o addirittura eludere molti rischi. È bene, in ultimo, non sottovalutare mai l’importanza dell’attività fisica che abbassa i livelli di insulina e contribuisce, tra gli altri vantaggi, a migliorare la situazione