di Cecilia Deiana
Quando si parla di dolore toracico, quasi istantaneamente si pensa al cuore e alle patologie ischemiche che possono coinvolgere tale organo. I dati evidenziano un’incidenza di eventi coronarici pari a 6,1 su 1000 casi l’anno per quanto riguarda gli uomini, con una letalità stimata del 28%, mentre nelle donne si calcola essere pari a 1,6 su 1.000 casi all’ anno, con una letalità del 25%; nel complesso, i numeri indicano una preponderanza degli eventi coronarici rispetto a quelli cerebrovascolari.
All’interno del “comparto toracico” ci sono molti organi che possono essere coinvolti in situazioni cliniche più o meno gravi; primo tra questi il rivestimento esterno di tale comparto, la cute, che può essere la sede di manifestazioni patologiche, alcune molto dolorose come l’herpes zoster, comunemente chiamata “fuoco di sant’Antonio”, causata dallo stesso virus che provoca la varicella. Questo virus ha la particolarità di restare inattivo nel tessuto nervoso e riattivarsi anche dopo anni; si ritiene che la riattivazione sia riconducibile a un abbassamento delle difese immunitarie, in concomitanza con periodi di forte stress psicofisico, terapie farmacologiche di immunosoppressione (tipiche dei trapianti d’organo), chemio o radioterapie, malattie che colpiscono il sistema immunitario come l’HIV e in soggetti fragili con difese immunitarie deboli o compromesse come gli anziani. All’infezione, di solito, si associa una dolorosa e pruriginosa eruzione cutanea che, nonostante possa manifestarsi in qualsiasi parte del corpo, compare più frequentemente su un solo lato del torace e si manifesta con una serie di vescicole.
Superato lo strato cutaneo, incontriamo la regione osteomuscolare a livello della quale può manifestarsi dolore di tipo infiammatorio, come la costocondrite di tipo traumatico, le mialgie da sforzo muscolare o le fratture delle costole. Per quanto riguarda gli organi interni, le principali patologie possono interessare il polmone, l’apparato gastroenterico, la zona esofagea e, ovviamente, il cuore e i grandi vasi.
Il polmone con le strutture di collegamento che costituiscono le vie aeree superiori (trachea, laringe e faringe) può essere soggetto a diverse patologie come la pleurite (la pleura è la membrana che riveste i polmoni) o lo pneumotorace, ovvero la presenza improvvisa di aria che compromette la normale espansione del polmone e che può essere di origine spontanea o traumatica.
Le patologie esofagee, normalmente, risultano correlate al reflusso di contenuto gastrico; questa condizione si manifesta quando la valvola che congiunge stomaco ed esofago non funziona correttamente, determinando la risalita dei succhi gastrici, soprattutto quando ci si trova in posizione sdraiata: ciò determina dolore da contatto con la mucosa.
Arriviamo dunque alle patologie cardiache. Il cuore è l’organo che pompa il sangue verso tutti gli organi e tessuti; a sua volta, per funzionare, il cuore ha bisogno di sangue, che riceve attraverso le coronarie, i vasi che lo avvolgono garantendogli il flusso ematico. Se tali vasi, per spasmo o occlusione, non sono in grado di garantire l’adeguato apporto di sangue e quindi la necessaria ossigenazione, il tessuto muscolare cardiaco invia “un grido di allarme” che si traduce in dolore. Lo spasmo coronarico, definito anche angina pectoris, normalmente è un fenomeno temporaneo, mentre l’occlusione di un vaso coronarico dà inizio alla sofferenza del tessuto cardiaco. Poiché le coronarie si dislocano come un albero e, proprio come quest’ultimo, sono caratterizzate da un tronco principale con ramificazioni via via decrescenti in diametro, quanto più l’occlusione si manifesta in prossimità del tronco principale tanto più estesa sarà l’area di sofferenza che progressivamente danneggerà i miociti (le cellule del tessuto cardiaco) impedendo la corretta contrazione del cuore, necessaria per pompare il sangue in tutte le parti del corpo.
I fattori scatenanti dell’angina possono essere sforzo fisico o pasti abbondanti, ma può insorgere anche a riposo.
Come si manifesta il dolore toracico di tipo cardiovascolare?
- Secondo quanto riportato nella letteratura scientifica, al centro del torace, ma anche in tutta la zona che va dalla mandibola fino alla zona ombelicale, ricomprendendo entrambi gli arti superiori e la parte dorsale del torace;
- il dolore è di tipo oppressivo, gravativo, viene riferito come un peso terribile, similmente a un macigno, e il soggetto tende a portare la mano al petto nel tentativo di ridurre o allontanare il dolore;
- il dolore è molto intenso e può essere presente sudorazione fredda;
- la persona può manifestare fatica a respirare e sensazione di nausea.
Nelle persone affette da diabete e nelle persone anziane il deterioramento della capacità del sistema nervoso può compromettere la trasmissione del segnale di dolore alterandone l’intensità e, dunque, la gravità.
Quali sono le attività di primo soccorso da adottare in caso di angina pectoris?
- Si consiglia di non portare il soggetto in ospedale; meglio rivolgersi immediatamente al sistema di emergenza territoriale (112) e descrivere bene il dolore, le sue caratteristiche, eventuali patologie preesistenti e i farmaci assunti;
- rimanere accanto alla persona, controllando che le sue attività vitali (coscienza e respiro) rimangano attive;
- far accomodare il soggetto nella posizione a lui più consona, in modo da attenuare il dolore. Inoltre, se presenti vestiti costrittivi (sciarpa, cravatta, cintura dei pantaloni), si consiglia di allentarli per da facilitare la respirazione;
- non somministrare bevande o farmaci.
Il personale sanitario che giungerà a bordo dell’ambulanza provvederà a effettuare l’elettrocardiogramma, misurare i parametri vitali e contattare la centrale operativa; questo passaggio consentirà di trasferire il soggetto in una struttura ospedaliera in grado di intervenire prontamente per ripristinare il flusso ematico nelle aree cardiache non irrorate e in cui sia presente una discrepanza tra domanda e offerta di ossigeno. Minore è il tempo che intercorre tra l’interruzione del flusso ematico e il suo ripristino mediante la tecnica dell’angioplastica, maggiore è la parte di tessuto che potrà riprendere una normale attività di contrazione. Per ottenere il massimo beneficio in termini di riduzione del danno miocardico, il tempo ritenuto “gold standard” deve essere inferiore a 120 minuti.