di Gigliola Braga
Il vetro è conosciuto da millenni, mentre la plastica invece è un prodotto moderno e in continua evoluzione tecnologica; infatti, dietro alle sigle che ne contraddistinguono le numerose varietà, si celano composizioni chimiche differenti, studiate a seconda della destinazione d’uso. Per esempio, il PVC (il cui nome per esteso è polivinilcloruro) è impermeabile ai liquidi, ma non a tutti i gas; per questo motivo, per contenere l’acqua frizzante viene utilizzato un altro tipo di plastica come il PET (polietilentereftalato) che consente il mantenimento dell’ effervescenza. Tuttavia, specialmente in caso di bibite con un certo grado di acidità, questi materiali risultano efficaci nel mantenere certe proprietà solo se conservati correttamente.
Per gli alimenti, il vetro è la soluzione ottimale sotto molti punti di vista: innanzitutto è inerte, ciò significa che nulla passa dal vetro al prodotto e nulla penetra nel prodotto dall’esterno attraverso il vetro, pertanto non c’è il rischio di cessione di sostanze dal vetro al prodotto né di contaminazioni esterne. Le sue “controindicazioni” però sono facilmente intuibili: è pesante e frangibile, cioè si può rompere. Queste caratteristiche si ripercuotono nella scelta dei produttori, per le difficoltà di riempimento e trasporto, ma anche dei consumatori, per la maggior fatica a portare bottiglie d’acqua in vetro piuttosto che in plastica, senza contare il possibile rischio di rottura di un recipiente. Anche la trasparenza potrebbe essere un limite perché alcuni prodotti vengono alterati dalla luce, e possono perdere importanti contenuti nutrizionali (tipo l’olio extra vergine d’oliva), o ridurre il loro contenuto vitaminico (i succhi di frutta). Il vetro è anche meno duttile della plastica, per cui non può essere modellato a piacere per rispondere alle più disparate esigenze di marketing: dall’ergonomicità, che richiede impugnature facili da afferrare, alle vaschette monoporzioni, che soddisfano l’esigenza di un crescente numero di coloro che vivono da soli o in famiglie meno numerose di un tempo.
Per praticità e convenienza la plastica sembra vincere sul vetro, sia per i produttori, sia per la fascia di pubblico più sensibile alla comodità e alla funzionalità che alla non-contaminazione degli alimenti, tanto più che questo materiale oggi non viene più associato come un tempo a prodotti scadenti o economici. Le materie plastiche infatti devono ottenere il nulla osta dell’Istituto Superiore di Sanità, rilasciato solo per l’uso specifico che se ne intende fare, dopo averne accertata l’idoneità. I due tipi di materiale sembrano quindi ugualmente sicuri ma, mentre il vetro è un materiale assolutamente inerte, per la plastica in alcuni casi si è parlato di rilascio di sostanze chimiche potenzialmente nocive. Questo rischio sembra aumentare all’interno delle abitazioni, quando si utilizzano in modo anomalo i recipienti. Il vetro non necessita di alcuna precauzione se non l’attenzione al calore che, se eccessivo e improvviso, può rompere il contenitore. La plastica richiede alcune premure supplementari per evitarne un uso improprio, che può aumentare i rischi di contaminazione.
Un punto a sfavore del vetro è prettamente estetico perché, essendo meno duttile della plastica, non consente la creazione di recipienti dalle forme più svariate e accattivanti: la bottiglia di acqua o di vino è sempre uguale a se stessa: si possono cambiare le etichette, che tra l’altro vanno incollate con relativi costi, ma non ci si può sbizzarrire con disegni di bottiglie, flaconi e recipienti dalle forme, dai colori e dalle scritte più fantasiose ed economiche.