di Ombretta Rubicondo
Siamo cresciuti con l’immagine di Braccio di Ferro e i suoi incredibili barattoli di spinaci capaci di renderlo imbattibile: come dimenticare i rimproveri delle nostre nonne che, al primo segno di lamentela, ci ricordavano che mangiare spinaci ci avrebbe resi più sani e forti? Alcuni di noi, da piccoli, non hanno mai assaggiato neanche una merendina perché lo spuntino era unicamente a base di pane, burro e zucchero, mentre altri si perdono tra gli scaffali dei supermercati alla ricerca dell’ultima invenzione commerciale.
Sarebbe bello crescere sapendo che una corretta alimentazione può avere un impatto significativo sulla nostra salute e sulla nostra longevità.
A tal proposito, sono state condotte ricerche sulla restrizione calorica, un regime alimentare che prevede la riduzione dell’apporto calorico giornaliero senza causare malnutrizione. Questi studi hanno dimostrato che diminuire l’assunzione calorica, soprattutto riducendo il consumo di cibi raffinati, può aumentare significativamente la durata della vita, ritardare l’insorgenza di malattie cronico-degenerative e forme di declino cognitivo, e attivare processi di protezione cellulare. Va sottolineato che questo discorso si basa su studi condotti su modelli animali e non ci sono ancora prove definitive sulla correlazione tra la restrizione calorica e l’allungamento della vita umana in buona salute, poiché saranno necessari ancora alcuni decenni per ottenere risultati conclusivi. Un’eccezione è rappresentata dallo Studio Calerie, pubblicato su Nature Aging, in cui i ricercatori hanno preliminarmente evidenziato un rallentamento dei processi di metilazione del DNA, coinvolti nell’invecchiamento cellulare, a seguito di una restrizione calorica del 25% nei soggetti umani.
Limitare l’apporto di alimenti innesca nelle cellule un meccanismo che consente loro di reagire con maggior resistenza agli insulti esterni e di promuovere l’autofagia, ossia un sistema di pulizia intracellulare delle componenti invecchiate o non più funzionali, stimolando la rigenerazione delle cellule stesse.
Affinché ciò avvenga non è necessario smettere di mangiare o ridurre in generale l’introito di cibi nella propria dieta, ma è sufficiente indirizzare la restrizione su quei cibi raffinati che, a lungo termine, possono diventare dannosi per la salute, attraverso la consulenza di specialisti della nutrizione che costruiscano un percorso graduale sulla base delle esigenze fisiche del singolo individuo e delle condizioni mediche pre-esistenti.
Alcuni studi hanno anche messo in luce come il sistema metabolico e quello infiammatorio riescano a comunicare tra loro, aprendo la strada verso nuove ricerche per ridurre la risposta infiammatoria e potenziando, nel contempo, il sistema immunitario.
Una dieta con un ridotto apporto di cibi raffinati, come farine bianche, zuccheri aggiunti e oli e additivi industriali, i quali sono poveri di nutrienti essenziali e fibre, ma ricchi di calorie, determina un miglioramento della salute metabolica. Si rileva anche una migliore sensibilità all’insulina, una riduzione dell’infiammazione cronica e della pressione sanguigna. Tale cambiamento fa sì che le persone in regime di restrizione calorica si sentano più energiche e si inneschi un circolo virtuoso che le stimola a dedicarsi più piacevolmente alle attività quotidiane e alla pratica dello sport, migliorando decisamente il proprio stato fisico e mentale.
Questo percorso non è adatto a tutti e dovrebbe essere considerato come parte di uno stile di vita sano che includa attività fisica regolare e una buona gestione dello stress. È importante adottare un approccio graduale e sicuro, guidati dalle competenze di un medico o di un nutrizionista, per trasformare questa pratica in una strategia promettente per migliorare la salute e concretizzare una nuova formula di longevità.