di Veronica Scalvini
Una volta concluso il periodo di scoperta che connota lo svezzamento, le sfide legate all’alimentazione dei bambini non finiscono affatto! Anzi, è proprio quando i piccoli cominciano a crescere un po’ che quest’ultime si fanno più intense. È in questo momento, infatti, che si gettano le basi dell’educazione alimentare che li guideranno per tutta la vita.
Questa fase molto delicata della crescita spesso genera stress nei genitori, i quali sentono la necessità di essere estremamente efficienti e sperano che tutto proceda come immaginato: che il bambino accetti senza capricci quanto gli viene proposto, che mangi tutto ciò che gli viene messo nel piatto e che si comporti adeguatamente a tavola sin da subito. Tuttavia, ben presto la maggior parte dei genitori si scontra con una realtà molto diversa da quella idealizzata. Non sempre è semplice e immediato ideare e servire pasti sani ed equilibrati, assicurandosi al contempo che i propri figli si nutrano adeguatamente.
L’educazione alimentare dei propri figli diventa un vero e proprio lavoro, spesso vissuto con ansia e frustrazione se tutto non procede come pianificato. La verità è che i genitori non sono gli unici responsabili del successo dell’alimentazione dei figli. Questo è spiegato molto bene da Ellyn Satter, dietista e terapista familiare specializzata in alimentazione pediatrica, con il suo principio di divisione delle responsabilità. Secondo questo principio, i genitori propongono e il bambino decide. In altre parole, i genitori hanno la responsabilità di educare il bambino a un’alimentazione varia ed equilibrata e di organizzare modalità e tempi dei pasti (stabilendo cosa, quando e dove mangiare).
Il bambino ha, invece, la responsabilità di decidere se e quanto mangiare di quello che propongono i genitori.
Ebbene sì, cari genitori… potete tirare un sospiro di sollievo! NON è compito vostro far mangiare i vostri bimbi! Quello che vi spetta è: organizzare una buona routine dei pasti, rendere l’ambiente adeguato e piacevole e cercare di portare in tavola perlopiù cibo nutriente.
Ognuno a tavola ha il proprio ruolo ed è molto importante che gli adulti lo tengano a mente.
Entrando più nel dettaglio, l’adulto di riferimento avrà il compito di:
- Decidere quali cibi acquistare e tenere in dispensa;
- Cucinare in maniera adeguata all’età (in termini di nutrienti e consistenze);
- Insegnare al bimbo l’importanza di stare seduto a tavola con la famiglia durante il pasto;
- Evitare il più possibile distrazioni, discussioni e malumori quando si sta consumando il pasto;
- Insegnare il “galateo” a tavola (in maniera proporzionata all’età ed alle capacità del bimbo);
- Modulare composizione e orari degli spuntini sulla base dei pasti principali.
Al contrario, i genitori non sono responsabili di:
- Quanto i bimbi mangiano
- Se mangiano oppure no
- Come e quanto cresce il suo corpo
Il modo proposto dalla Satter di condurre l’alimentazione dei bimbi necessità però di un presupposto imprescindibile: la fiducia nelle capacità di autoregolazione del bambino.
Come abbiamo ampiamente discusso nei precedenti articoli, i bambini fin da subito possiedono un’innata capacità di autoregolare l’assunzione di nutrienti in base alle necessità del proprio corpo. Il compito dei genitori è proteggere e sostenere questo “superpotere”, poiché sarà preziosissimo per tutta la loro vita. Tuttavia, non è sempre facile fidarsi quando sembra che i nostri figli mangino più o meno del “dovuto” (uso le virgolette perché non esistono porzioni giuste o sbagliate, le necessità del corpo variano quotidianamente in base a molti fattori) o quando il loro corpo sembra non corrispondere agli standard comuni.
Nel salvaguardare la capacità di autoregolazione, l’adulto ha un ruolo fondamentale. Vediamo come. Innanzitutto, la qualità del cibo offerto (che, come abbiamo visto, è compito del genitore) può influenzare la capacità di percepire fame e sazietà. Spieghiamoci meglio: se in famiglia si tende a offrire cibo industriale e molto lavorato (magari per evitare rifiuti e “no”), nel lungo periodo questo può alterare le percezioni gustative. Di conseguenza, i bambini potrebbero diventare più propensi a richiedere frequentemente questo tipo di alimenti e a percepire meno il naturale senso di sazietà. Questo significa che non sapranno regolarsi ascoltando i loro reali bisogni interni, ma saranno spinti al consumo da fattori esterni.
Altre modalità che possono compromettere la naturale autoregolazione includono l’uso di leve esterne come comportamenti e frasi coercitive per influenzare l’alimentazione dei bambini: “Dovresti finire tutto perché ci sono bambini che muoiono di fame!”, “Ancora 5 bocconi e poi puoi andare a giocare!”, “Se mi vuoi bene, almeno prova ad assaggiare”, “Se mangi le verdure, poi puoi avere il gelato”, “Hai mangiato abbastanza per oggi, ora basta!”, “I biscotti non fanno bene, oggi mangeremo frutta per merenda”, “Non ti compro quelle schifezze!”.
Queste situazioni rischiano di distanziare l’adulto dalle proprie responsabilità di promuovere abitudini alimentari sane, rispettando la capacità autoregolatrice del bambino e creando un ambiente sereno durante i pasti, compromettendo così l’efficacia dell’educazione alimentare.
Se invece in famiglia si è soliti mantenere i compiti e rispettare i ruoli stabiliti dalla Satter, proponendo ai bambini un’alimentazione varia ed equilibrata e lasciandoli liberi di autoregolarsi, non solo farà in modo che i bambini siano in grado di crescere adeguatamente ma renderà anche la gestione dell’alimentazione meno stressante per i genitori e più piacevole per i bambini che da subito si sentiranno parte integrante di un contesto familiare ben strutturato.
Un modo aggiuntivo per rendere l’esperienza a tavola educativa e divertente è coinvolgere tuo figlio nelle scelte alimentari. Questo non significa mettere in discussione quanto detto finora! I genitori rimangono sempre responsabili delle scelte alimentari, ma è possibile, se l’età lo permette, coinvolgere il bambino con domande mirate per scegliere alcuni dettagli: “Preferisci le carote al forno o in padella?” oppure “Vuoi la pasta al pesto o al sugo?”.
Evitando domande aperte, che potrebbero metterlo in difficoltà davanti a troppe opzioni, si permette al bambino di esprimere preferenze senza compromettere la responsabilità dell’adulto nella scelta del menu. Coinvolgendo il bambino in piccole decisioni, imparerà a esprimersi, rispettare i propri gusti e sentirsi parte di una famiglia che valorizza le sue opinioni.