di Ana Berberi
Sebbene la nitroglicerina venne scoperta a metà del 1800, alcuni dei suoi “esplosivi” antenati erano diffusi in Cina, in Arabia e in India già molti secoli prima. Tra il 1300 e 1325, iniziò a circolare in Europa una polvere dalle proprietà “scoppiettanti”, grazie alla quale fu possibile costruire le prime armi da fuoco. In concomitanza con lo sviluppo di armi più evolute, accrebbe la necessità di velocizzare i processi di combustione della polvere: lo studio dei composti nitrici nel corso del XVII secolo segnò, in effetti, grandi progressi in materia di esplosivi.
Nel 1846 il chimico e medico torinese Ascanio Sobrero, durante un esperimento con il mannitolo, sintetizzò la nitromannite, una sostanza dalle proprietà altamente esplosive seppur più stabile rispetto alle nitromolecole che erano state prodotte negli anni precedenti. Il chimico proseguì gli esperimenti facendo sgocciolare il glicerolo (glicerina) in una miscela di acido solforico e acido nitrico. Fu così che nel 1847, al culmine dei propri esperimenti, Sobrero sintetizzò la piroglicerina, da cui successivamente ottenne la nitroglicerina. Chiamata anche polvere pirica o polvere nera, per via del suo utilizzo come costituente di petardi e fuochi d’artificio, la nitroglicerina conteneva esatte proporzioni di sale nitrato (o neve cinese), zolfo e carbonio. Avvalendosi poi di un metodo assolutamente vietato ai giorni nostri ma assai comune nelle epoche passate, il chimico assaggiò il composto ottenuto che gli provocò un violento mal di testa accompagnato da episodi di aritmia. Sobrero si rese conto che era sufficiente aumentare, anche di poco, la temperatura atmosferica o agitare anche lievemente la provetta contenente nitroglicerina per scatenarne le proprietà esplosive; così, spaventato per i numerosi incidenti avvenuti in laboratorio, decise di destinare la molecola a un diverso utilizzo: questo risultato porterà il futuro impiego della nitroglicerina come trattamento farmacologico a basso dosaggio, in qualità di potente vasodilatatore, e nel trattamento dell’insufficienza cardiaca.
Il raggiungimento di tale importante traguardo, tuttavia, necessitava di un metodo sicuro e affidabile per maneggiare la nitroglicerina e farla “detonare”. Fu Alfred Bernhard Nobel, dopo innumerevoli incidenti tragici conseguenti all’esplosione spontanea di questa molecola, a scoprire un modo per controllarla. Usò il Kieselguhr (farina fossile), un materiale siliceo utilizzato in virtù delle proprie qualità filtranti in diverse industrie. La miscela venne chiamata Dinamite, una scoperta che rivoluzionò la storia dell’ umanità.
Naturalmente, lo studio dell’ormai nota molecola non si fermò qui.
Successive ricerche mostrarono che i forti dolori di testa sofferti da lavoratori dell’industria degli esplosivi erano dovuti alla dilatazione dei vasi sanguigni causata dal contatto fisico con la glicerina. Questa scoperta condusse alla prescrizione della nitroglicerina nel trattamento dell’angina pectoris, malattia provocata da un ridotto afflusso di sangue al cuore, con conseguenti manifestazioni di forte dolore al torace. La lunga ricerca per comprendere come questa molecola fosse in grado di provocare vasodilatazione si concluse soltanto nei anni ‘80 del secolo scorso, quando gli scienziati scoprirono il rilascio nell’ organismo del monossido di azoto (NO), responsabile della vasodilatazione. Nel 1998 le scoperte relative alla capacità del monossido di azoto di trasmettere segnali nel sistema cardiovascolare fruttarono a Robert Furchgott, Louis Ignarro e Ferid Murad il Premio Nobel per la Medicina. Una curiosa coincidenza se si pensa che fu proprio Alfred Nobel a creare i presupposti di tale vittoria avendo avviato e favorito la diffusione della nitroglicerina. Nobel, però, non fece in tempo a ricevere i giusti riconoscimenti per i suoi meriti, poiché rifiutò di assumere la molecola per curare la propria angina pectoris!