di Ombretta Rubicondo
Riflettere sul concetto di ecosostenibilità nell’ambito delle nuove strategie agricole si sta rivelando sempre più importante alla luce dei continui cambiamenti climatici cui il nostro pianeta sta andando incontro.
L’industrializzazione degli allevamenti a partire dalla metà del secolo scorso ha condotto alla realizzazione di contesti produttivi grandi e inquinanti, inducendo gli animali a vivere in condizioni sempre meno naturali, mentre i piccoli allevatori si sono trovati via via in crescente difficoltà nel preservare l’equilibrio del territorio e la qualità dell’agricoltura.
Questa situazione, che si è perpetuata fino ai giorni nostri, dovrebbe portare non solo gli allevatori ma anche i consumatori a riflettere sull’esigenza di ricercare un contatto più naturale sia con gli animali sia con il territorio. Proprio per questo motivo si dice che per fare una buona agricoltura sia indispensabile un allevamento di qualità, al fine di ottenere prodotti che influiscano in modo positivo anche sulla nostra salute.
Da dove partire per favorire un cambiamento tangibile?
La risposta è più semplice di quanto si possa pensare: operando scelte più attente e consapevoli, che prevedano il mantenimento e la protezione della biodiversità, quindi privilegiando le razze locali, nel rispetto dei loro ritmi di crescita naturale e senza forzare le fasi di riproduzione.
Altro punto fondamentale riguarda i mangimi, con predilezione per il fieno e i prodotti naturali, e la coltivazione di materie prime controllate e di qualità, per tutelare il benessere degli animali.
Anche la somministrazione degli antibiotici, siano essi usati a scopo preventivo o come trattamento, andrebbe limitata ai casi in cui non vi sia altra soluzione.
Alla fase di crescita e mantenimento degli animali segue un altro momento della filiera produttiva che richiede altrettanta attenzione: il trasporto al macello, che non dovrebbe avvenire su lunghe distanze onde evitare di sottoporre a stress e ulteriori sofferenze gli animali, e la realizzazione di prodotti trasformati il più possibile privi di conservanti e additivi di natura sintetica.
Se vi domandate se sia possibile trovare allevamenti presso i quali vengano rispettate norme produttive rigorose, quelli dei Presidi Slow Food garantiscono la conservazione della biodiversità grazie alla collaborazione con innumerevoli istituzioni e partner che hanno dato vita a progetti di ricerca volti a migliorare le condizioni dei produttori e dei loro allevamenti. Questi enti, seppur diversificati, sono congiunti da un unico comune denominatore: il benessere e la salute degli animali.
Con l’avvento dell’era digitale sono state sviluppate due applicazioni, note con il nome PIGLOW e EBENE, ossia strumenti messi a disposizione degli allevatori e dei veterinari per valutare il benessere degli animali, in modo particolare pollame e suini, e trovare soluzioni atte a superare i limiti dei singoli allevamenti. Queste applicazioni sono strutturate con una serie di domande inerenti al comportamento degli animali e le modalità di gestione dell’allevamento e, sulla base delle risposte fornite, elaborano grafici con indicazioni sul livello di benessere aziendale. I risultati vengono inseriti in una classifica a livello europeo.
Il questionario è basato sul principio del One Welfare che consiste nell’interconnessione tra il benessere animale, umano e la conservazione dell’ambiente fisico e sociale con cui si entra in contatto. È auspicabile che questo come altri progetti attualmente disponibili nel mondo dell’azienda agricola e dell’allevamento, possano portare a un approccio più consapevole nei confronti di un pianeta che, oggi più che mai, dovremmo riprendere a trattare come la culla della vita e non come un pozzo di risorse purtroppo esauribili.