di Alma Brunetto
Le Discipline Orientali della Uisp ci permettono di interpretare le esigenze della nostra epoca e, allo stesso tempo, rappresentano un’evoluzione etica delle arti marziali.
Come è nato il Settore all’interno della Uisp?
Alla fine degli anni ‘70 un gruppo di judoka abbandonò la federazione e fondò la Lega judo della Uisp. Con il tempo, il campo si è esteso al karate e al Ju Jutsu: è nata così la Lega Arti marziali che, con l’arrivo dello yoga, è diventata Area Discipline Orientali e infine Discipline Orientali DO.
Alcune di queste sono decisamente particolari: il kyudo, l’arco tradizionale giapponese, è una disciplina che si sviluppa intorno a tre strumenti, l’arco, la freccia e il bersaglio. Nel kyudo, il tiro viene visto come un’esperienza totale dell’essere umano, una fusione tra tecnica, corpo e spirito. L’attrezzatura è composta dall’arco, detto yumi in giapponese, frecce, guanto, bersaglio, e makiwara. Il makiwara, infine, è un bersaglio di paglia di riso imballata e intrecciata per trattenere la freccia scagliata da distanza ravvicinata e viene utilizzato per imparare la tecnica.
Lo iaido è la disciplina più antica delle arti marziali giapponesi. È definita l’arte dell’estrazione e dell’uso della spada tradizionale giapponese, la katana. Lo iaido unisce la dottrina zen alla filosofia samurai e il suo obiettivo è quello di rendere il praticante in perfetta armonia e unione sia con l’universo che con se stesso: non a caso iaido letteralmente significa “la via dell’unione dell’essere”. Attualmente lo iaido si pratica attraverso i kata, sequenze tecniche codificate che non prevedono uno scontro fisico tra due avversari, ma simulano il confronto con un avversario immaginario.
Ad arricchire il panorama delle discipline orientali si aggiunge il kintsugi, letteralmente “riparare con l’oro”: si tratta di una tecnica che consiste nella riparazione di vasellame e stoviglie rotte tramite l’applicazione di lacche mescolate a polveri di metalli preziosi, come oro e argento, da inserire tra le crepe o da plasmare nella forma del pezzo mancante. Ogni pezzo riparato diviene così unico e irripetibile e le fratture, esaltate dal metallo, si trasformano in elementi decorativi. Il kintsugi ci insegna ad accogliere e accettare le imperfezioni perché sono proprio queste che ci rendono unici. Così come le fratture vengono valorizzate con il metallo prezioso, una persona può mostrare con orgoglio le proprie cicatrici, che rappresentano il proprio vissuto in un processo di rinascita.