Ecco l’interessante racconto di un’insegnante durante il lockdown. Come è percepita la didattica a distanza? Come è stata vissuta? Scopriamolo insieme a lei:
“Distanziamento sociale” è un’espressione che mai aveva fatto parte del nostro lessico e a cui abbiamo dovuto fare ricorso nelle ultime settimane in seguito all’epidemia del Covid-19; tale distanziamento ha preso l’avvio dalla chiusura di tutti gli istituti scolastici: si è passati alla didattica “a distanza”, una formula che nasconde un grande lavoro da parte delle istituzioni scolastiche e di tutto il personale che opera nel settore dell’istruzione. La costruzione di vere e proprie classi virtuali, luoghi dove la comunità viene ripristinata “da remoto”, ha permesso la pianificazione di nuovi percorsi formativi, realizzabili grazie a piattaforme digitali estremamente evolute e ciò nonostante praticabili. Alcune scuole, che già per diversi motivi avevano attivato progetti europei di didattica digitale, hanno goduto di una posizione di vantaggio; questo però ha permesso di creare in molti casi una rete di istituzioni scolastiche che si sono sostenute a vicenda, in uno scambio di informazioni di vitale importanza per partire presto e bene. Gli istituti hanno anche monitorato con attenzione le possibilità di accesso dei propri studenti, supportando e integrando le disponibilità di device delle famiglie, spesso alle prese con un intenso ricorso ai dispositivi da parte di genitori e figli, tutti coinvolti da attività da remoto, per lavoro o studio, e spesso nelle medesime fasce orarie. L’attività didattica è partita subito ed è stato fondamentale garantire il trattamento dei dati, secondo le normative vigenti, e la sicurezza dei percorsi: importante, a questo proposito, è stato scegliere piattaforme con accessi istituzionali, che mettessero al riparo gli utenti, per la maggior parte minori, da inserzioni e pop up comunemente presenti durante le connessioni. La didattica a distanza, va detto, non può in alcun modo sostituire la didattica in presenza: agli insegnanti mancano gli allievi e agli allievi, incredibile a dirsi, spesso mancano i loro insegnanti; ma in un momento tanto inusitatamente destabilizzante per tutti trovare un surrogato di presenza e di vicinanza è stato importante, prima di tutto sul piano psicologico: ha dato una scansione temporale alle giornate, ha permesso di recuperare il senso del proprio essere parte attiva del mondo. E non è poco. Dal punto di vista squisitamente didattico inoltre questa modalità “lontana” ha costretto gli insegnanti a riflettere su questioni di metodo che nella vita scolastica di tutti i giorni non si ha il tempo di approfondire. Fra le tante questioni il grande tema delle competenze, da anni oggetto di dibattito, spesso anche polemico, fra diversi interlocutori. Intanto nell’odierna circostanza siamo riusciti a rendere evidente quanto fosse artificiosa e inutile la netta separazione tra conoscenze e competenze, frutto più della mente raffinata dei burocrati che della pratica dell’insegnamento: la realizzazione dei materiali di supporto per insegnare “on line” ha costretto tutti a costruire competenze trasversali autentiche, fondate sul conoscere le vie da percorrere per arrivare alla soluzione di problemi; una formula questa per la quale la stringente necessità ha costruito la virtù del procedimento. L’aspetto creativo e interattivo di questo metodo ha portato talvolta (anche se a chi scrive piacerebbe dire spesso) gli studenti ad accostarsi alle tematiche trattate con una più genuina curiosità, meno compromessa dall’assillo della valutazione, per altro anch’essa rivisitata al di fuori degli schemi consueti, in virtù ovviamente dell’eccezionalità del momento. Del resto, con quanto sta accadendo nel mondo, potremmo mica arrestarci di fronte al timore che lo studente possa barare?
Monica Campanella
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