“Non scuoterlo mai!”

Non scuoterlo mai

Un fenomeno poco noto ai genitori – e spesso sottovalutato anche dai pediatri – è la “Shaken Baby Syndrome” (S BS ), ovvero “Sindrome del bambino scosso”, anche conosciuta come “Trauma cranico abusivo” (A HT ). Si tratta delle conseguenze di una
forma di maltrattamento che può avere ripercussioni drammatiche e la cui reale incidenza sia in Europa, sia nel nostro Paese è difficile da stimare, non solo per la complessità della diagnosi, ma anche perché molte vittime non giungono all’attenzione dei medici. Si ritiene che l’incidenza possa essere di 3 casi ogni 10.000 bambini di età inferiore ad 1 anno (*) , sebbene questa cifra potrebbe rappresentare spaventosamente solo la punta di un iceberg: basti pensare che nell’Ospedale Regina Margherita di Torino, lo scorso anno, ne sono stati registrati 6 casi.
Per questo motivo, la fondazione Terre des Hommes (www.terredeshommes.it) ha lanciato, nei mesi scorsi, in collaborazione con sei eccellenze ospedaliere pediatriche italiane – tra le quali la Città della Salute e della Scienza di Torino – la prima campagna nazionale di prevenzione e sensibilizzazione contro la S BS Non scuoterlo! (www.nonscuoterlo.it). Proseguendo in questo percorso di sensibilizzazione, oggi Terre des Hommes insieme ai suoi partner lancia un decalogo di informazioni e consigli utili, redatto con il supporto di esperti dei diversi ospedali membri della rete, per far conoscere i rischi e le conseguenze di una delle “manovre consolatorie” più frequenti del pianto dei bambini.

Quali sono i fattori scatenanti di questo fenomeno?

Il pianto del bambino, nei primi mesi di vita, raggiunge la massima intensità e pare inconsolabile. Gli adulti spesso non riescono a coglierne il significato e, sentendosi impotenti, possono attivare – anche inconsapevolmente – dei comportamenti inappropriati (come lo scuotimento) nel tentativo di calmare il neonato.

COS’È LA SHAKEN BABY SYNDROME

È la conseguenza di una grave forma di maltrattamento fisico prevalentemente intra-familiare ai danni di bambini generalmente al di sotto dei 2 anni di vita: il bambino viene scosso violentemente per reazione al suo pianto inconsolabile, con conseguente trauma sull’encefalo e successive sequele neurologiche.

Di fatto, piangere, è l’unico strumento che il neonato ha per comunicare: può avere fame, sonno, caldo, freddo, il bisogno di essere cambiato o semplicemente di coccole o del contatto fisico per essere rassicurato. Spesso, lo scuotimento avviene proprio per mano degli stessi genitori, o delle figure educative con cui si condivide l’accudimento dei bambini: nonni, babysitter, educatrici del nido ecc.
Secondo i dati resi noti dalla Società Italiana Neonatologia, i principali fattori “di rischio” che potrebbero aumentare la probabilità di S BS sono:

  • famiglia mono-genitoriale;
  • età materna inferiore ai 18 anni;
  • basso livello di istruzione;
  • uso di alcool o sostanze stupefacenti;
  • disoccupazione;
  • episodi di violenza in ambito familiare e disagio sociale.

Tuttavia, nei casi più frequenti, è solo l’esasperazione di genitori inconsapevoli e poco informati a spingere nella direzione di una “manovra consolatoria” errata.

Quando e perché scuotere un bambino diventa pericoloso?

Lo scuotimento violento, anche se solo per pochi secondi, è potenzialmente causa di lesioni molto gravi, soprattutto per i bambini al di sotto dell’anno di età. Nei primi mesi di vita, infatti, i muscoli cervicali del collo dei neonati sono ancora deboli e non riescono a sostenere la testa;
se un bambino viene scosso con forza, dunque, il cervello si muove liberamente all’interno del cranio, provocando ecchimosi, gonfi ore e sanguinamento dei tessuti; in una parola, lesioni gravissime. È difficile stabilire con esattezza quanto violento o protratto dovrebbe essere lo scuotimento per causare un danno; tuttavia dalle “confessioni” dei responsabili si evince che in genere il bambino vittima di S BS viene scosso energicamente circa 3-4 volte al secondo per 4-20 secondi.
Giochi abituali o comportanti maldestri dei genitori non provocano invece lesioni da scuotimento, così come non le generano il far saltellare il bambino sulle ginocchia (gioco del cavalluccio);
fare jogging o andare in bici con il bambino; fare frenate brusche in auto; o cadute dal divano o da un altro mobile.

Quali sono i principali sintomi/segnali che dovrebbero accendere un “campanello d’allarme”?

Vomito, inappetenza, difficoltà di suzione o deglutizione, estrema irritabilità, letargia, assenza di sorrisi o di vocalizzi, rigidità o cattiva postura, difficoltà respiratorie, aumento della circonferenza cranica disarmonico rispetto a peso e altezza, difficile controllo del capo, frequenti e lamentosi pianti inconsolabili e, nei casi più gravi, convulsioni e alterazioni della coscienza, fino all’arresto cardiorespiratorio.

Quali danni può provocare lo scuotimento violento?

Le conseguenze della SBS possono essere di diversa intensità e gravità. I danni di tipo neuro-psicologico provocati dallo scuotimento possono manifestarsi, nei primi mesi di vita del bambino, sia da un punto vista motorio che del linguaggio. Le conseguenze più gravi riguardano: disturbi dell’apprendimento, dell’attenzione, della memoria e del linguaggio, disabilità fisiche, danni alla vista o cecità, disabilità uditive, paralisi cerebrale, epilessia, ritardo psicomotorio e ritardo mentale, ma anche disturbi comportamentali. In genere, le conseguenze dipendono molto dalla gravità dell’abuso. Si stima che solo nel 15% dei casi non ci sono ripercussioni sulla salute del bimbo.
La S BS può portare anche al coma o alla morte del bambino fino in 1/4 dei casi diagnosticati.

Quali strategie possono attuare i genitori di fronte al pianto di un neonato?

Qualunque sia il motivo, non bisogna mai scuoterlo per calmarlo. Sono, invece, tante altre le soluzioni che si possono mettere in atto per cercare di calmare il pianto di un neonato: cullarlo nella carrozzina, fargli fare un giro in macchina, un bagnetto rilassante, oppure fasciarlo con un lenzuolo piegandogli gli arti in modo che ritorni nella posizione fetale, o ancora fargli sentire un fruscio o un rumore continuo (come un phon o una lavatrice o un aspirapolvere).

Ma se il pianto non si ferma e diventa davvero esasperante?

La cosa migliore da fare, se non lo si riesce più a gestire e a sopportare, è lasciare il bambino in un posto sicuro e allontanarsi fino a quando non si è riacquistato un certo equilibrio. O in alternativa, chiedere aiuto ad altri membri della famiglia, ad amici e, nei casi più importanti, lasciare che un medico visiti il bambino, se ci sono dei dubbi sul suo stato di salute.
Inoltre, è valutabile anche il ricorso a corsi di formazione per i genitori sul pianto dei neonati, per imparare a riconoscerlo e a gestirlo.

(*)fonte: Società Italiana Neonatologia (S IN )

a cura di Elisabetta Farina